IL CODICE CIVILE IN MATERIA DI CONDOMINIO (in grassetto gli articoli inderogabili)
Art. 1100 C.C.
(Norme regolatrici)
Quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a
più persone, se il titolo o la legge non dispone
diversamente si applicano le norme seguenti.
Art. 1101 C.C.
(Quote dei partecipanti)
Le quote dei partecipanti alla comunione si presumono eguali.
Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei
pesi della comunione, è in proporzione delle rispettive
quote.
Art. 1102 C.C.
(Uso della cosa comune)
Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché
non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri
partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni
necessarie per il migliore godimento della cosa.
Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa
comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti
idonei a mutare il titolo del suo possesso.
Art. 1103 C.C.
(Disposizioni della quota)
Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere
ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota.
Per le ipoteche costituite da uno dei partecipanti si
osservano le disposizioni contenute nel capo IV del titolo
III del libro VI.
Art. 1104 C.C.
(Obblighi dei partecipanti)
Ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie
per la conservazione e per il godimento della cosa comune e
nelle spese deliberate dalla maggioranza a norma delle
disposizioni seguenti, salva la facoltà di liberarsene con
la rinunzia al suo diritto.
La rinunzia non giova al partecipante che abbia anche
tacitamente approvato la spesa.
Il cessionario del partecipante è tenuto in solido con il
cedente a pagare i contributi da questo dovuti e non
versati.
Art. 1105 C.C.
(Amministrazione)
Tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere
nell'amministrazione della cosa comune.
Per gli atti di ordinaria amministrazione le deliberazioni
della maggioranza dei partecipanti, calcolata secondo il
valore delle loro quote, sono obbligatorie per la minoranza
dissenziente.
Per la validità delle deliberazioni della maggioranza si
richiede che tutti i partecipanti siano stati
preventivamente informati dell'oggetto della deliberazione.
Se non si prendono i provvedimenti necessari per
l'amministrazione della cosa comune o non si forma una
maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene
eseguita, ciascun partecipante può ricorrere alla autorità
giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può
anche nominare un amministratore.
Art. 1106 C.C.
(Regolamento della comunione e nomina di amministratore)
Con la maggioranza calcolata nel modo indicato dall'articolo
precedente, può essere formato un regolamento per
l'ordinaria amministrazione e per il miglior godimento della
cosa comune.
Nello stesso modo l'amministrazione può essere delegata ad
uno o più partecipanti, o anche a un estraneo,
determinandosi i poteri e gli obblighi dell'amministratore.
Art. 1107 C.C.
(Impugnazione del regolamento) - Ciascuno dei partecipanti
dissenzienti può impugnare davanti all'autorità giudiziaria
il regolamento della comunione entro trenta giorni dalla
deliberazione che lo ha approvato. Per gli assenti il
termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la
deliberazione. L'autorità giudiziaria decide con unica
sentenza sulle opposizioni proposte.
Decorso il termine indicato dal comma precedente senza che
il regolamento sia stato impugnato, questo ha effetto anche
per gli eredi e gli aventi causa dai singoli partecipanti.
Art. 1108 C.C.
(Innovazioni e altri atti eccedenti l'ordinaria
amministrazione)
Con deliberazione della maggioranza dei partecipanti che
rappresenti almeno due terzi del valore complessivo della
cosa comune, si possono disporre tutte le innovazioni
dirette al miglioramento della cosa o a renderne più comodo
o redditizio il godimento, purché esse non pregiudichino il
godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una
spesa eccessivamente gravosa.
Nello stesso modo si possono compiere gli altri atti
eccedenti l'ordinaria amministrazione, sempre che non
risultino pregiudizievoli all'interesse di alcuno dei
partecipanti.
E' necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli
atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul
fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove
anni.
L'ipoteca può essere tuttavia consentita dalla maggioranza
indicata dal primo comma, qualora abbia lo scopo di
garantire la restituzione delle somme mutate per la
ricostruzione o per il miglioramento della cosa comune.
Art. 1109 C.C.
(Impugnazione delle deliberazioni)
Ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente può
impugnare davanti all'autorità giudiziaria le deliberazioni
della maggioranza:
nel caso previsto dal secondo
comma dell'art. 1105, se la deliberazione è gravemente
pregiudizievole alla cosa comune
se non è stata osservata la disposizione del terzo comma
dell'art.1105;
se la deliberazione relativa a innovazioni o ad altri atti
eccedenti l'ordinaria amministrazione è in contrasto con le
norme del primo e del secondo comma dell'art. 1108.
L'impugnazione deve essere proposta, sotto pena di
decadenza, entro trenta giorni dalla deliberazione. Per gli
assenti il termine decorre dal giorno in cui è stata loro
comunicata la deliberazione. In pendenza del giudizio,
l'autorità giudiziaria può ordinare la sospensione del
provvedimento deliberato.
Art. 1110.
(Rimborso di spese) - Il partecipante che, in caso di
trascuranza degli altri partecipanti o dell'amministratore,
ha sostenute spese necessarie per la conservazione della
cosa comune, ha diritto al rimborso.
Art. 1111 C.C.
(Scioglimento della comunione)
Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo
scioglimento della comunione, l'autorità giudiziaria può
stabilire una congrua dilazione, in ogni caso non superiore
a cinque anni, se l'immediato scioglimento può pregiudicare
gli interessi degli altri.
Il patto di rimanere in comunione per un tempo non maggiore
di dieci anni è valido e ha effetto anche per gli aventi
causa dai partecipanti. Se è stato stipulato per un termine
maggiore di questo si riduce a dieci anni.
Se gravi circostanze lo richiedono, l'autorità giudiziaria
può ordinare lo scioglimento della comunione prima del tempo
convenuto.
Art. 1112 C.C.
(Cose non soggette a divisione) - Lo scioglimento della
comunione non può essere chiesto quando si tratta di cose
che, se divise, cesserebbero di servire all'uso a cui sono
destinate.
Art. 1113 C.C.
(Intervento nella divisione e opposizione)
I creditori e gli aventi causa da un partecipante possono
intervenire nella divisione a proprie spese, ma non possono
impugnare la divisione già eseguita, a meno che abbiano
notificato un'opposizione anteriormente alla divisione
stessa e salvo sempre ad essi l'esperimento dell'azione
revocatoria o dell'azione surrogatoria.
Nella divisione che ha per oggetto beni immobili,
l'opposizione, per l'effetto indicato dal comma precedente,
deve essere trascritta prima della trascrizione dell'atto di
divisione e, se si tratta di divisione giudiziale, prima
della trascrizione della relativa domanda.
Devono essere chiamati a intervenire, perché la divisione
abbia effetto nei loro confronti, i creditori iscritti e
coloro che hanno acquistato diritti sull'immobile in virtù
di atti soggetti a trascrizione e trascritti prima della
trascrizione dell'atto di divisione o della trascrizione
della domanda di divisione giudiziale.
Nessuna ragione di prelevamento in natura per crediti
nascenti dalla comunione può opporsi contro le persone
indicate dal comma precedente eccetto le ragioni di
prelevamento nascenti dal titolo anteriore alla comunione
medesima, ovvero da collazione.
Art. 1114 C.C.
(Divisione in natura)
La divisione ha luogo in natura, se la cosa può essere
comodamente divisa in parti corrispondenti alle quote dei
partecipanti.
Art. 1115 C.C.
(Obbligazioni solidali dei partecipanti)
Ciascun partecipante può esigere che siano estinte le
obbligazioni in solido contratte per la cosa comune, le
quali siano scadute o scadano entro l'anno dalla domanda di
divisione.
La somma per estinguere le obbligazioni si preleva dal
prezzo di vendita della cosa comune, e, se la divisione ha
luogo in natura, si procede alla vendita di una congrua
frazione della cosa, salvo diverso accordo tra i
condividenti.
Il partecipante che ha pagato il debito in solido e non ha
ottenuto rimborso concorre nella divisione per una maggiore
quota corrispondente al suo diritto verso gli altri
condividenti.
Art. 1116 C.C.
(Applicabilità delle norme sulla divisione ereditaria) -
Alla divisione delle cose comuni si applicano le norme sulla
divisione dell'eredità, in quanto non siano in contrasto con
quelle sopra stabilite.
Art. 1117 C.C.
(Parti comuni dell'edificio)
Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi
piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario
non risulta dal titolo:
il suolo su cui sorge
l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i
lastrici solari, le scale, i portoni d'ingresso, i
vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere
tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune;
i locali per la portineria e l'alloggio del portiere, per la
lavanderia per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi
e per altri simili servizi in comune;
le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere
che servono all'uso e al godimento comune, come gli
ascensori i pozzi, le cisterne gli acquedotti e inoltre le
fognature e i canali di scarico, gli impianti per l'acqua,
per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento e
simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai
locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini.
Art. 1118 C.C.
(Diritti dei partecipanti sulle cose comuni)
Il diritto di ciascun condomino sulle cose indicate
dall'articolo precedente è proporzionato al valore del piano
o porzione di piano che gli appartiene, se il titolo non
dispone altrimenti.
Il
condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose
anzidette, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro
conservazione .
Art. 1119 C.C.
(Indivisibilità)
Le parti comuni dell'edificio non sono
soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi
senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun
condomino.
Art. 1120 C.C.
(Innovazioni)
I
condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma
dell'art. 1136, possono disporre tutte le innovazioni
dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior
rendimento delle cose comuni.
Sono vietate le innovazioni che possano
recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del
fabbricato, chc ne alterino il decoro architettonico o che
rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili
all'uso o al godimento anche di un solo condomino.
Art. 1121 C.C.
(Innovazioni gravose o voluttuarie)
Qualora l'innovazione importi una spesa molto gravosa o
abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari
condizioni e all'importanza dell'edificio, e consista in
opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione
separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio
sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.
Se l'utilizzazione separata non è possibile, l'innovazione
non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che
l'ha deliberata o accettata intenda sopportarne
integralmente la spesa.
Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi
o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo,
partecipare ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle
spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera.
Art. 1122 C.C.
(Opere sulle parfi dell'edificio di proprietà comune)
Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua
proprietà, non può eseguire opere che rechino danno alle
parti comuni dell'edificio.
Art. 1123 C.C.
(Ripartizione delle spese)
Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento
delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei
servizi nell'interesse comune e per le innovazioni
deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in
misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno,
salvo diversa convenzione.
Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in
misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione
dell'uso che ciascuno può farne.
Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici
solari, opere o impianti destinati a servire una parte
dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro
manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne
trae utilità.
Art. 1124 C.C.
(Manutenzione e ricostruzione delle scale)
Le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei
diversi piani a cui servono. La spesa relativa è ripartita
tra essi, per metà in ragione del valore dei singoli piani o
porzioni di piano, e per l'altra metà in misura
proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo.
Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita
in ragione del valore, si considerano come piani le cantine,
i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici
solari, qualora non siano di proprietà comune.
Art. 1125 C.C.
(Manutenzione e ricostruzione dei soffitti delle volte e dei
solai)
Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti,
delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai
proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti,
restando a carico del proprietario del piano superiore la
copertura del pavimento e a carico del proprietario del
piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del
soffitto.
Art. 1126 C.C.
(Lastrici solari di uso esclusivo)
Quando l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non
è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso
esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa
delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico: gli altri
due terzi sono a carico di tutti i condomini dell'edificio o
della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in
proporzione del valore del piano o della porzione di piano
di ciascuno.
Art. 1127 C.C.
(Costruzione sopra l'ultimo piano dell'edificio)
Il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio può elevare
nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti
dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario
esclusivo del lastrico solare.
La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche
dell'edificio non la consentono.
I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se
questa pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio
ovvero diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani
sottostanti.
Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri
condomini un'indennità pari al valore attuale dell'area
libera da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il
numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e
detratto l'importo della quota a lui spettante. Egli è
inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti
o parte dei condomini avevano il diritto di usare.
Art. 1128 C.C.
(Perimento totale o parziale dell'edificio)
Se l'edificio perisce interamente o per una parte che
rappresenti i tre quarti del suo valore, ciascuno dei
condomini può richiedere la vendita all'asta del suolo e dei
materiali, salvo che sia stato diversamente convenuto.
Nel caso di perimento di una parte minore, l'assemblea dei
condomini delibera circa la ricostruzione delle parti comuni
dell'edificio, e ciascuno è tenuto a concorrervi in
proporzione dei suoi diritti sulle parti stesse.
L'indennità corrisposta per l'assicurazione relativa alle
parti comuni è destinata alla ricostruzione di queste.
Il condomino che non intende partecipare alla ricostruzione
dell'edificio è tenuto a cedere [2932] agli altri condomini
i suoi diritti, anche sulle parti di sua esclusiva
proprietà, secondo la stima che ne sarà fatta, salvo che non
preferisca cedere i diritti stessi ad alcuni soltanto dei
condomini.
Art.1129 C.C.
(Nomina e revoca dell'amministratore)
Quando i
condomini sono più di quattro, l'assemblea nomina un
amministratore. Se l'assemblea non provvede, la nomina è
fatta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più
condomini.
L'amministratore dura in carica un anno e può essere
revocato in ogni tempo dall'assemblea.
Può altresi
essere revocato dall'autorità giudiziaria, su ricorso di
ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall'ultimo
comma dell'art.1131, se per due anni non ha reso il conto
della sua gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti di
gravi irregolarità.
La nomina e la cessazione per qualunque causa
dell'amministratore dall'ufficio sono annotate in apposito
registro.
Art. 1130 C.C.
(Attribuzioni dell'amministratore)
L'amministratore deve:
eseguire le deliberazioni
dell'assemblea dei condomini e curare l'osservanza del
regolamento di condominio;
disciplinare l'uso delle cose comuni e la prestazione dei
servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato
il miglior godimento a tutti i condomini;
riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per
la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e
per l'esercizio dei servizi comuni;
compie gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti
comuni dell'edificio.
Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della
sua gestione.
Art. 1131 C.C.
(Rappresentanza)
Nei limiti
delle attribuzioni stabilite dall'articolo precedente o dei
maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o
dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei
partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini
sia contro i terzi.
Può essere
convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le
parti comuni dell'edificio; a lui sono notificati i
provvedimenti dell'autorità amministrativa che si
riferiscono allo stesso oggetto.
Qualora la
citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita
dalle attribuzioni dell'amministratore, questi è tenuto a
darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini.
L'amministratore che non adempie
quest'obbligo può essere revocato ed è tenuto al
risarcimento dei danni.
Art. 1132 C.C.
(Dissenso dei condomini rispetto alle liti)
Qualora
l'assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una
lite o di resistere a una domanda, il condomino
dissenziente, con atto notificato all'amministratore, può
separare la propria responsabilità in ordine alle
conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L'atto
deve essere notificato entro trenta giorni da quello in cui
il condomino ha avuto notizia della deliberazione.
Il
condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che
abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa.
Se l'esito della lite è stato favorevole al
condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto
vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che
non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente.
Art. 1133 C.C.
(Provvedimenti presi dall'amministratore)
I provvedimenti presi dall'amministratore nell'ambito dei
suoi poteri sono obbligatori per i condomini. Contro i
provvedimenti dell'amministratore è ammesso ricorso
all'assemblea, senza pregiudizio del ricorso all'autorità
giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall'art. 1137.
Art. 1134 C.C.
(Spese fatte dal condomino)
Il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza
autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha
diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente.
Art. 1135 C.C.
(Attribuzioni dell'assemblea dei condomini)
Oltre a quanto è stabilito dagli articoli precedenti,
l'assemblea dei condomini provvede:
alla conferma
dell'amministratore e dell'eventuale sua retribuzione;
all'approvazione del preventivo delle spese occorrenti
durante l'anno e alla relativa ripartizione tra i condomini;
all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore
e all'impiego del residuo attivo della gestione;
alle opere di manutenzione straordinaria, costituendo, se
occorre, un fondo speciale.
L'amministratore non può ordinare lavori di manutenzione
straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in
questo caso deve riferirne nella prima assemblea.
Art. 1136 C.C.
(Costituzione dell'assemblea e validità delle deliberazioni)
L'assemblea
è regolarmente costituita con l'intervento di tanti
condomini che rappresentino i due terzi del valore
dell'intero edificio e due terzi dei partecipanti al
condominio.
Sono valide
le deliberazioni approvate con un numero di voti che
rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la
metà del valore dell'edificio.
Se
l'assemblea non può deliberare per mancanza di numero,
l'assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno
successivo a quello della prima e in ogni caso, non oltre
dieci giorni dalla medesima, la deliberazione è valida se
riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei
partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore
dell'edificio.
Le
deliberazioni che concernono la nomina e la revoca
dell'amministratore o le liti attive e passive relative a
materie che esorbitano dalle attribuzioni
dell'amministratore medesimo, nonché le deliberazioni che
concernono la ricostruzione dell'edificio o riparazioni
straordinarie di notevole entità devono essere sempre prese
con la maggioranza stabilita dal secondo comma.
Le
deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste
dal primo comma dell'articolo 1120 devono essere sempre
approvate con un numero di voti che rappresenti la
maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del
valore dell'edificio.
L'assemblea
non può deliberare, se non consta che tutti i condomini sono
stati invitati alla riunione.
Delle deliberazioni dell'assemblea si redige
processo verbale da trascriversi in un registro tenuto
dall'amministratore.
Art. 1137 C.C.
(Impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea)
Le
deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli
precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini.
Contro le
deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di
condominio ogni condomino dissenziente può fare ricorso
all'autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende
l'esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia
ordinata dall'autorità stessa.
Il ricorso deve essere proposto, sotto pena
di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data
della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di
comunicazione per gli assenti.
Art. 1138 C.C.
(Regolamento di condominio)
Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a
dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga
le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione
delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a
ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro
dell'edificio e quelle relative all'amministrazione.
Ciascun condomino può prendere l'iniziativa per la
formazione del regolamento di condominio o per la revisione
di quello esistente.
Il regolamento deve essere approvato dall'assemblea con la
maggioranza stabilita dal secondo comma dell'articolo 1136 e
trascritto nel registro indicato dall'ultimo comma dell'art.
1129. Esso può essere impugnato a norma dell'art. 1107.
Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare
i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti
di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono
derogare alle disposizioni degli artt.1118 secondo comma,
1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137.
Art. 1139 C.C.
(Rinvio alle norme sulla comunione)
Per quanto non è espressamente previsto da questo capo si
osservano le norme sulla comunione in generale.
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